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La situazione attuale

La psicologia dello sport è un tema di estrema attualità a cui dedicano attenzione quotidiani, riviste specializzate, programmi televisivi e radiofonici, siti web, blog, social network. Tutti gli attori che operano in ambito sportivo concordano sul fatto che l’aspetto mentale sia fondamentale per atleti, squadre, allenatori. Sembrerebbe di conseguenza che la cura della “testa” dello sportivo sia una questione ormai sdoganata nel nostro Paese, ma i fatti attestano il contrario.

 

Paradossi italiani

La situazione italiana è paradossale in quanto, nonostante non si perda l’occasione di sottolineare l’importanza della psicologia in ambito sportivo,  si disattende sistematicamente la messa in pratica di un processo di allenamento mentale costante. Se allenare le capacità condizionali, tecniche e tattiche è fondamentale, non si capisce per quale motivo la componente mentale venga presa in considerazione solo nei momenti di difficoltà e non come aspetto da allenare tanto quanto gli altri fattori connaturati alla pratica sportiva.

 

La mancanza di una pianificazione efficace

Qualora l’atleta soffra di eccessiva attivazione pregara (ansia) si interviene solo nel momento in cui la problematica è divenuta talmente invalidante da non permettere allo sportivo di esercitare la propria attività. Sarebbe più logico pianificare in anticipo un percorso che abbia la finalità di dotare l’atleta di strumenti e abilità per gestire al meglio la propria attivazione psicofisiologica, permettendogli di ottimizzare la gestione dell’ansia e la condizione psicofisica generale prima della gara. Nei casi in cui la squadra non abbia sviluppato buone dinamiche interne si agisce di rimessa improvvisando un team building straordinario (per esempio il ritiro) per favorire migliori rapporti all’interno del gruppo, mentre sarebbe opportuno che la costruzione del team fosse un obiettivo fondamentale preventivato all’inizio della stagione.

 

Barriere culturali

Nonostante il continuo riferimento all’importanza dell’allenamento mentale (mental training) l’Italia dello sport soffre ancora la difficoltà di inserire nella pianificazione della stagione attività legate all’aspetto psicologico e questo avviene, a mio modo di vedere, per ragioni di ordine culturale.  Tra di esse la prima riguarda il fatto che lo psicologo è ancora percepito come una figura che ha a che fare con il disagio mentale per cui un atleta trova poco naturale rivolgersi a questa professionista. In realtà lo psicologo dello sport aiuta l’atleta a gestire al meglio le proprie competenze mentali in ambito sportivo (la focalizzazione, la consapevolezza, il problem solving), si rivela un importante supporto nella gestione delle emozioni (per esempio nel contenimento e la gestione della rabbia), facilità il processo di conoscenza di se stessi come esseri umani e sportivi.

 

L’arte del fatalismo

Un altro motivo che si nasconde dietro alla difficoltà di affidarsi ad un professionista della salute mentale riguarda il mito che l’atleta non può mostrarsi debole altrimenti verrebbe meno la sua credibilità in termini di rispecchiamento sociale da parte dei tifosi e appassionati. Nel caso in cui lo sportivo manifestasse difficoltà legate alla sfera psicologica la tendenza generale è quella di non dare l’opportuna attenzione alle sue difficoltà ma di attendere che le cose si sistemino da sole.

 

L’allenatore tuttologo

L’alternativa presa in considerazione è quella di far gestire le difficoltà a figure che non posseggono le necessarie competenze per farlo; spesso ci si affida all’erronea credenza che l’allenatore, che naturalmente dovrebbe possedere delle conoscenze di psicologia, ma non è uno psicologo, possa risolvere problematiche che esulano dalla sua formazione. Se è vero che spesso gli allenatori riescono a svolgere in modo efficace il ruolo di motivatori del singolo atleta o della squadra, è altrettanto realistico considerare che se devono gestire problematiche legate alla gestione dell’ansia, della concentrazione, dello stress o dinamiche personali dell’atleta legate a un momento di difficoltà di natura esistenziale sarebbe più utile rivolgersi ad un professionista.

 

Manca il tempo

La scarsa attenzione agli aspetti psicologici in ambito sportivo è spesso giustificata anche dal fatto che gli atleti hanno già troppe cose a cui dedicarsi; il tempo per poter lavorare con uno psicologo dello sport tende ad essere considerato come un qualcosa che potrebbe togliere spazio ad attività che hanno necessariamente la precedenza.

 

Coach e motivatori

Spesso le società e gli atleti si affidano alla figura del coach o del motivatore perché sembrerebbe che tutte le problematiche in ambito sportivo siano riconducibili a questioni legate alla motivazione. Tale visione risulta essere estremamente superficiale e limitata in quanto gli atleti si trovano a dover fronteggiare molte difficoltà tra le quali possiamo individuare la gestione di ansia, concentrazione, stress, emotività, comunicazione. Inoltre dovrebbero imparare ad utilizzare tecniche psicologiche che rendano l’atleta più efficace e sicuro nella propria pratica sportiva. Tali competenze possono essere apprese solamente attraverso un percorso con un professionista preparato alla gestione di questi aspetti e formato ad accogliere la dimensione psicologica dello sportivo nella sua totalità.

 

Team di professionisti dello sport

Alla luce di queste considerazioni, sarebbe auspicabile che la figura dello psicologo dello sport trovasse sempre più spazio all’interno dei contesti sportivi di tutti i livelli per contribuire, insieme ad altre figure professionali che collaborino in team (tecnici, preparatori, fisioterapisti, medici, nutrizionisti), a rendere l’esperienza sportiva sempre più completa, funzionale ed appagante.

 

Dott. Alessandro Visini