fbpx

Introduzione

Lo psicologo clinico Paul Gilbert, fondatore della terapia focalizzata sulla compassione, definisce quest’ultima come la sensibilità nel sentire e diminuire, o eliminare, la sofferenza in sé stessi e negli altri che include in sé due qualità essenziali come il coraggio e la sapienza. Il valore della compassione come antidoto alla sofferenza, derivante dalla millenaria tradizione filosofica e spirituale, ha trovato un proprio ambito di ricerca in psicologia solamente negli ultimi 30 anni, anche in conseguenza delle evidenze raggiunte in ambito neuropsicologico.

La compassione è uno stato mentale che fa riferimento all’altruismo e si contrappone al desiderio di punizione e di vendetta. Nei secoli, la parola compassione prende forma sul concetto di pietà – una pietà che è quasi disprezzo. Eppure la sua radice, il significato originale, è nobile: una comunione intima e difficilissima con un dolore che non nasce come proprio, ma che se percorsa porta ad un’unità ben più profonda e pura di ogni altro sentimento che leghi gli umani.

Compassione e psicologia

Negli interventi psicologici, il ricorso alla compassione verso sé stessi o gli altri, sì è rivelato molto utile nel trattamento di problematiche derivanti dall’autocritica, dalla vergogna o da trauma. Il tema della compassione ha interessato sia la psicologia occidentale sia quella buddhista. Comparando i due approcci è possibile individuare alcune componenti comuni:

  • Il riconoscimento della sofferenza;
  • La comprensione della sua universalità;
  • Il sentimento di simpatia, empatia, o preoccupazione per coloro che soffrono;
  • La capacità di tollerare il disagio associato alla testimonianza della sofferenza;
  • La motivazione ad agire o l’azione per alleviare la sofferenza.

La compassione può essere favorita da alcuni atteggiamenti come l’empatia e la simpatia. Il primo si riferisce alla capacità di immedesimarsi nel mondo affettivo dell’altro, di provare i medesimi sentimenti e agire di conseguenza. L’empatia consente di comprendere ciò che provano altri esseri e di immedesimarsi nel loro vissuto. È un atteggiamento spontaneo, presente negli esseri umani fin dalla più tenera età, che si realizza nei confronti delle persone ma anche della natura, della cultura o degli oggetti. La simpatia riguarda un sentimento di attrazione istintiva verso una persona dovuta ad una specifica affinità sentimentale.

 

Compassione e sofferenza

La compassione ci permette di stabilire un nuovo rapporto nei confronti della sofferenza. Il raggiungimento di un buon stato di salute psicologica richiede di relazionarsi alle emozioni problematiche attraverso l’accettazione intesa come auto-compassione, vale a dire compassione nei confronti di noi stessi. Infatti, più cerchiamo di sfuggire dal dolore e dalla sofferenza lottando per eliminarli dalla nostra vita otteniamo il risultato opposto di amplificarli.

Attraverso il processo di auto-compassione, anche se la sofferenza rimane, liberiamo nuova energia che accresce la nostra flessibilità nei confronti di pensieri e situazioni negative con l’intento di accoglierli senza contrapporsi ad essi.

 

Auto-compassione

Secondo la definizione di Kristin Neff l’auto-compassione consiste nel processo di estendere la compassione a sé stessi in casi di percepita inadeguatezza, fallimento o sofferenza in generale. Essa ha definito l’auto-compassione come composta da tre elementi principali: la gentilezza verso sé stessi, il fatto di considerare le esperienze umane come comuni e l’importanza della consapevolezza nei confronti delle nostre emozioni negative.

  • La gentilezza verso sé stessi si traduce in un atteggiamento auto-compassionevole che implica l’essere calorosi con sé stessi quando s’incontrano dolore e carenze personali, piuttosto che ignorarli o ferirsi con l’autocritica.
  • Il concetto di esperienze umane comuni intende l’auto-compassione come riconoscimento del fatto che alcune proprie esperienze di sofferenza e fallimento personale sono condivise allo stesso modo da altri esseri umani.
  • La consapevolezza ci suggerisce che attraverso l’auto-compassione possiamo mettere in atto un approccio equilibrato nei confronti delle nostre emozioni. Si tratta di approcciarsi a pensieri ed emozioni difficili con apertura e consapevolezza in maniera non giudicante osservando pensieri e sentimenti così come sono, senza cercare di sopprimerli o negarli.

Conclusioni

La continua autocritica e autosvalutazione, derivante dal non raggiungimento degli standard di perfezionismo richiesti dalla società, ci espone a vissuti caratterizzati da frustrazione e senso di inadeguatezza. Con l’aiuto dell’auto-compassione possiamo mettere da parte i sensi di colpa e i giudizi che ci rivolgiamo nei momenti di sofferenza a vantaggio di una maggiore gentilezza nei nostri confronti.

Questo determina una prospettiva più positiva nei riguardi dei propri problemi, una sensazione di minor isolamento e una riduzione dei propri livelli di ansia. Tutto ciò si riflette in un incremento della flessibilità mentale che permette un migliore adattamento alle situazioni che la vita ci propone rimanendo pienamente in contatto con il momento presente, come essere umano consapevole che persegue i propri valori di vita.

Dott. Alessandro Visini