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Breve storia su come trasformare il timore in fiducia. Quando la sicurezza psicologica entra in azienda

La sala formazione dell’azienda “Dinamica S.p.A.” emanava un’aria che mi era fin troppo familiare: quella sottile tensione fatta di sguardi evitati, sorrisi trattenuti e braccia conserte. Davanti a me, venti manager. Alcuni sembravano annoiati, altri scettici, altri ancora visibilmente in ansia. Il tema della giornata? “Sicurezza Psicologica“. Un concetto che, in ambienti come questo, suona spesso astratto e poco concreto. Probabilmente queste persone sono più a loro agio con metriche di performance o indici di produttività.

 

Il Ghiaccio da Rompere

Iniziò tutto con un silenzio imbarazzante. “Chi di voi,” chiesi, “si è mai trattenuto dal condividere un’idea durante una riunione per paura di sembrare incompetente?” Quasi tutte le mani si alzarono. Poi, quella di Luca, un dirigente con un’espressione dura, si abbassò troppo in fretta. Avevo trovato il mio punto di ingresso. Decisi di abbandonare le slide per focalizzarmi su altro che in quel frangente potesse essere più opportuno. Presi un nastro adesivo blu e tracciai un cerchio sul pavimento al centro della stanza. “Questo,” annunciai, “è il Cerchio della Fiducia. Per i prossimi minuti, qui dentro, possiamo dire ciò che pensiamo realmente. Senza conseguenze. Senza giudizi.”

Il cerchio della fiducia | La Favola Vagante

La Svolta Inattesa

Proposi un’esercitazione semplice ma potente: “Scrivete su un post-it l’errore di cui vi siete più pentiti negli ultimi sei mesi. Sarà anonimo.” Il silenzio si fece più spesso. Poi, uno dopo l’altro, iniziarono ad apparire sul flipchart confessioni scritte a penna:
“Ho perso un cliente importante per una svista che potevo evitare.”
“Non ho supportato una collega in difficoltà per paura di associarmi al suo fallimento.”
“Ho fatto un ordine sbagliato da 50.000 euro e l’ho nascosto.”

Leggendole ad alta voce, vidi gli sguardi cambiare. Non c’era più competizione, ma un riconoscimento silenzioso e collettivo. Eravamo tutti sulla stessa barca. L’atmosfera era decisamente cambiata rispetto all’inizio dell incontro. Fu allora che Luca, il dirigente dalla faccia dura, si alzò. Senza guardare nessuno, disse: “Quella del cliente… è mia. L’ho nascosta per mesi. Mi sta divorando.” Non ci furono abbracci o applausi, ma il rispetto nella stanza divenne tangibile. Quel momento di vulnerabilità condivisa era stato più potente di qualsiasi discorso sulla trasparenza. Sapevo che quel cambiamento sarebbe rimasto nei giorni, settimane e mesi seguenti e non si sarebbe perso diluendosi lentamente come succede spesso in ambito formativo.

 

Sicurezza Psicologica: il Cambiamento che Resta

Alla fine della sessione, il CEO, che aveva osservato da un angolo, mi si avvicinò. “Non credevo che una ‘soft skill’ potesse avere un impatto così… duro sulla realtà aziendale,” ammise. “Abbiamo speso migliaia di euro in sistemi di controllo, ma è bastato un cerchio sul pavimento per far emergere problemi che nemmeno sospettavamo.” La vera magia della sicurezza psicologica non sta nel creare un ambiente dove tutti sono felici, ma nel costruire un ecosistema dove:

  • Il fallimento diventa un’opportunità di apprendimento, non una colpa.
  • Il dissenso è un atto di responsabilità, non di insubordinazione.
  • La vulnerabilità è un segno di forza, non di debolezza.

Quando lasciai l’azienda, il cerchio di nastro blu era ancora lì. Qualcuno, ironicamente, ci aveva disegnato intorno un cuore con un pennarello. Un piccolo gesto che mi fece capire che il seme era stato piantato.

La Lezione da Portare a Casa

La sicurezza psicologica non è un optional. È il fondamento senza il quale ogni altro investimento in innovazione, qualità o efficacia rischia di essere denaro (e tempo) sprecato. È il sistema operativo che permette a tutti gli altri software aziendali di funzionare.

E, a volte, per installarlo, basta iniziare con un cerchio sul pavimento e il coraggio di fare la prima domanda scomoda.

Alessandro Visini