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Covid e nuove emozioni: il languishing

Il termine languishing indica una condizione caratterizzata da assenza di benessere in cui prevale un senso di smarrimento rispetto al proprio scopo esistenziale. In italiano tale parola potrebbe essere tradotta con il termine languire e il giornalista Adam Grant la definisce l’emozione del momento. Secondo il sociologo e psicologo Corey Keyes, questo stato di vuoto e chiusura rispetto al mondo, si contrappone allo stato di flourishing (flow) in cui si sperimenta benessere e positività. Keyes, oltre ad avere coniato il termine languishing, si sarebbe interrogato sulla natura di questo disagio che sembrerebbe essere di matrice più sociale che psicologica. L’incremento di tale fenomeno, dovuto agli effetti del lockdown, avrebbe interessato percentuali che si attestano intorno al 13% degli adolescenti e giovani adulti statunitensi secondo una ricerca della San Diego University. Al momento non è possibile affermare se questo stato sia caratterizzato da una rapida remissione o se i suoi effetti potranno durare diverso tempo. Studi in merito stanno verificando questo aspetto e solo in futuro potremo saperne di più.

 

La situazione in Italia

Questa dinamica si riscontra anche in Italia in seguito alle misure restrittive che hanno condizionato le nostre esistenze durante l’ultimo anno e mezzo. Nello specifico si sono determinate due condizioni: l’eccessivo utilizzo della tecnologia e il drastico calo della socializzazione. I fattori a cui imputare il languishing sono molteplici: chiusura delle scuole, smart working, riduzione della possibilità di incontrare amici, restrizioni sociali. La durata dell’emergenza covid ha favorito l’insorgere di disinteresse e demotivazione rispetto a ciò che succede intorno a sé a causa della situazione percepita come senza via d’uscita. Negli ultimi mesi il trascorrere del tempo ha assunto una dimensione paradossale che ha tolto speranza e prospettiva alle generazioni più giovani costringendole ad una clausura forzata e innaturale. Il contesto ha evidenziato l’emergere di emozioni come rabbia e insicurezza, oltre alle difficoltà nei rapporti interpersonali. Anche le generazioni più anziane hanno sofferto di questa situazione a causa dell’isolamento sociale e dell’impatto della malattia che, proprio per quanto riguarda queste fasce di popolazione, ha lasciato segni psicofisici molto evidenti.

 

L’impatto sul futuro.

È difficile prevedere l’impatto del “languishing” sul futuro delle persone, ciò che invece è utile considerare riguarda il fatto che il disagio emotivo, psicologico e sociale, in particolare dei giovani, non è stato preso in considerazione da chi avrebbe dovuto occuparsene lasciando parecchi individui senza gli strumenti idonei per fare fronte a questa emergenza. Un ulteriore aspetto da considerare riguarda come sarà possibile riuscire a invertire la rotta per tornare a sperimentare nuovamente uno stato di flusso accompagnato da emozioni positive, apertura al mondo e socializzazione. Molto dipenderà dalle politiche sociali che ogni singolo Paese valuterà di mettere a disposizione della popolazione, nello specifico le fasce più deboli. Al momento si avvertono timidi tentativi di andare verso questa direzione ma, indubbiamente, bisogna fare di più e solo una politica consapevole e sensibile a queste problematiche potrà dare la giusta risposta in termini di servizi e sostegni.

 

Come gestire la situazione

Non esiste una ricetta perfetta per gestire il languishing ma sicuramente disconnettersi dal mondo virtuale a vantaggio di quello reale potrebbe essere un buon inizio. Riscoprire la relazione con gli altri, pianificare piccoli obiettivi quotidiani, essere consapevoli che questo stato di smarrimento è molto comune potrebbero essere piccoli passi per coltivare la rinascita della propria socialità. L’essere umano è un animale sociale per inclinazione, di conseguenza è molto probabile che superata la crisi riuscirà a trovare le giuste strategie per vivere la vita all’interno di quello stato emotivo connotato da positività e speranza. C’è da augurarsi che la pandemia possa impattare positivamente rispetto alla possibilità di ripensare a nuovi modelli di socialità che potrebbero trovare attuazione in campo lavorativo e scolastico.

Dott. Alessandro Visini